Fondazione Carlo Donat-Cattin - Polo del '900

Minuta manoscritta e dattiloscritta di lettera di Carlo Donat-Cattin a Leo Valiani , Roma 23 luglio 1980

Unità archivistica
  • Segnatura archivistica

    FCDC TO Archivio Carlo Donat-Cattin 949

  • Data

    23/07/1980

  • Contenuto

    "Ho di Lei la più grande stima; altrimenti non Le scriverei.
    Il 30 maggio la Commissione inquirente concluse le sedute segrete della sessione che purtroppo, sia pure indirettamente, mi riguarda. Uscirono allora dall'Inquirente soltanto le tesi sommarie dei commissari comunisti, radicale e missino. Gli altri commissari osservarono il segreto istruttorio. Il 31 maggio il "Corriere" pubblicò un Suo articolo e ne fui amaramente colpito. Esso raccoglieva quelle tesi di parte, le uniche diffuse. Fui colpito dal Suo articolo e da pochi altri: se la mistificazione aveva fatto strada penetrando come verità in limpide intelligenze ed in coscienze integre quali sono le Sue, dovevo concludere che era diventato molto difficile resistere alle strumentalizzazioni in atto. Perciò il Suo articolo del 31 maggio non fu l'ultima causa delle mie definitive dimissioni da vice-segretario del mio partito.
    Non Le scrissi perché non amo le querimonie. Il tempo avrebbe dimostrato come stanno le cose. Ho letto ieri, però, in un Suo nuovo articolo, la ripetizione, sia pure attenuata, dei riferimenti di maggio. Mi sembra a questo punto necessaria una brevissima precisazione.
    1) Colloquio con Cossiga. Ho chiesto di essere liberato da un subdolo dubbio, generato dall'anonimo, o indirizzato a conoscere verità pesanti. Dico che ho informato di un sospetto: perché si valutassero anche le conseguenze politiche dell'ipotesi. Non ho chiesto privilegi; caso mai sapevo che - se il sospetto avesse avuto fondamento - avrei pagato di più di chi non è impegnato in politica. Cossiga non mi rivelò nulla, mi consigliò, invece, di far chiarire da mio figlio all'autorità la sua posizione (genericamente nota come estremistica negli ambienti politici, ma estranea a indicazioni di reato, e inoltre non mi liberò dal dubbio.
    2) Fino a quei giorni, per me, mio figlio non era terrorista, non avevo ragione di ritenerlo tale; fino all'arresto di Roberto Sandalo, questi era un ragazzo che aveva messo la testa a posto. È stato senza dubbio imprudente ricordare a lui, per sollecitarlo, il colloquio con Cossiga e la preoccupazione rimasta in me. Ogni politico ricorda tuttavia se è sincero - un certo numero di episodi del genere nella sua vita. Non mi perdonerò mai quello, in linea oggettiva, ma moralmente non mi sento in colpa grave. Non conosco precedenti nei quali, al sorgere di un sospetto, un padre - impegnato in politica, in diplomazia o dove si creda - si rivolge immantinenti al magistrato; sarò grato se mi saranno indicati.
    Il documento aggiuntivo inviato dal magistrato torinese sposta l'asse della vicenda, anche se con qualche interrogativo per periodi assai successivi, sui quali mi sento tranquillo.
    Le ho scritto, ripeto, per la stima che nutro verso la Sua persona; non per rettifiche, che non voglio, ma perché Lei abbia un quadro non deviante della vicenda".

  • Note

    carta intestata "Democrazia Cristiana. Direzione centrale. Il Vice segretario politico" (manoscritto), "Senato della Repubblica" (dattiloscritto); pubblicata in L'Italia di Donat-Cattin. Gli anni caldi della Prima Repubblica nel carteggio inedito con Moro, Fanfani, Rumor, Forlani, Andreotti, Piccoli, Zaccagnini, Cossiga, De Mita (1960-1991), a cura di V. Mosca e A. Parola, Marsilio, Venezia 2012


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