Fondazione Carlo Donat-Cattin - Polo del '900

Minuta di lettera di Carlo Donat-Cattin ad Aurelio [Curti], Torino 29 novembre 1955

Unità archivistica
  • Segnatura archivistica

    FCDC TO Archivio Carlo Donat-Cattin 1003

  • Data

    29/11/1955

  • Contenuto

    "Alcune ore di pausa mi hanno consentito di meditare sulla situazione del partito, per quanto essa contiene di negativo, sulla mia e nostra responsabilità.
    Il partito ha un andamento organizzativo assai modesto ed una ancor più modesta incidenza nella vita civile e politica di Torino e del Piemonte. Assolto il compito di coordinare le campagne elettorali e di designare uomini per una certa quantità di poltrone, il resto sta tutto chiuso in un pugno e le ansie che ci sospingono a lavorare per un rinnovamento radicale si esauriscono in lotte d'influenza e di orientamento, non comprese neppure dalla più gran parte degli iscritti: influenza e orientamento sulle posizioni di comando che, poi, non si esercitano, perché ci neutralizziamo gli uni con gli altri.
    Tu sai che noi aderiamo di cuore al gruppo di Forze Sociali per avere in un tempo non ancor molto lontano creduto fermamente, come oggi crediamo, alla impossibilità di avere una Democrazia cristiana capace di assolvere il compito di interprete delle esigenze popolari senza uno slancio che provenga dalla profonda, diretta partecipazione al suo agire di quei lavoratori che non tradiscono se stessi, ma che hanno la chiara coscienza del ruolo che è proprio, nel nostro tempo, al movimento operaio.
    Quando gli impegni nuovi del sindacato autonomo rischiarono di allontanare troppi lavoratori dal partito, ci proponemmo di reagire con vigore perché la Democrazia cristiana avesse ancora e sempre con sé questo insostituibile stimolo, quell'anima popolare che è la sua ragione di vita.
    E tu sai anche - per aver contribuito a queste stesse chiarificazioni - che non interpretiamo il movimento operaio con una concezione classista, ma come un modo di essere cui partecipano quanti subiscono le nefaste conseguenze dell'attuale struttura societaria e hanno la volontà di agire per la libertà dell'uomo, per l'allargamento della base democratica dello Stato.
    Per questi motivi non abbiamo fatto distinzioni tra una guida o un'altra (Pastore, Rapelli o che so io); e non facciamo gli schizzinosi di fronte a errori di impostazione (eccesso di sindacalizzazione, ecc.). Pensiamo a emendare, non a distruggere, per non perdere, nella ricerca di un miglioramento particolare, tutto l'essenziale. Per questi stessi motivi noi riteniamo che il movimento abbia compiti di raccolta e di fusione delle forze vive e valide, operai, contadini, ceti medi, quando esse riescono a liberarsi dagli equivoci e dalla credulità facilona che sono generati da chi ha interesse a mantenere divisioni perniciose.
    Per questo stesso motivo, infine, riducendo il discorso ai problemi dell'oggi e alla nostra più diretta e immediata responsabilità, io devo riproporti - dopo i colloqui Tuoi, di Tirassa e di Caboni con Garabello, Alisio, Genisio e Bodrato - il tema di una lista che ci unisca al prossimo congresso provinciale.
    Alcune esigenze tattiche e di opportunità, soprattutto quella del ricambio, dell'inserimento di alcuni giovani validi negli incarichi di lavoro, suggeriscono quella soluzione. Ma Tu hai ragione di non ritenere le esigenze di opportunità determinanti di fronte al permanere o al formarsi di equivoci politici.
    È, invece, proprio per lottare contro l'equivoco politico, per ridurre i contrasti vuoti che disperdono tante energie e rendono inconsistente la resistenza di fronte alla massiccia pressione di quanti vogliono la Democrazia cristiana docile strumento al servizio di interessi deteriori, che noi sentiamo l'obbligo di proporre una formazione che ci unisca con la prospettiva di acquistare nel tempo - senza conversioni e aprioristiche rinunce, che avrebbero i difetti della riserva mentale e delle seconde intenzioni - una sostanziale unità di indirizzo e di azione.
    Tu hai fatto con totale onestà il segretario provinciale ed io devo, senza alcun abbandono alle convenzioni scusarmi davvero per alcune asprezze che talvolta sono emerse nei nostri rapporti. Posso e possiamo avere ecceduto, ma è soprattutto il peso di una situazione bloccata, vedere il tempo passare nelle piccole trappole e nelle meschine manovre degli uni e degli altri, il trovarci colpevoli della dispersione e del venir meno - presi dagli urti interni - a compiti che sentiamo urgenti, il notare gli intralci futili che si creavano e creavamo noi stessi ad un respiro politico più ampio, sono tutti questi elementi che, talvolta, mi hanno e ci hanno indotto a minore serenità.
    Non chiediamo e non si può chiedere a nessuno di rinunciare alle sue posizioni di partenza; chiediamo di continuare la strada con spirito nuovo. Una lista che ci unisca di questa dichiarata volontà sarà il segno più netto e ristabilirà una fiducia ad una fraternità che non possiamo negarci e che dobbiamo fare ogni sforzo per ricostituire se sentiamo, al di là della manovra, la responsabilità politica. Attendo una Tua risposta e Ti saluto con cordiale affetto".


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