Fondazione Carlo Donat-Cattin - Polo del '900

Minuta e copia di lettera di Carlo Donat-Cattin a Benigno Zaccagnini, Aldo Moro, Giuseppe Bartolomei, Flaminio Piccoli, Giovanni Galloni e Remo Gaspari, Roma 21 febbraio 1978

Unità archivistica
  • Segnatura archivistica

    FCDC TO Archivio Carlo Donat-Cattin 1188

  • Data

    21/02/1978

  • Contenuto

    "Il modo col quale viene portata avanti la trattativa sul programma di governo da parte del nostro partito suscita in me una notevole perplessità.
    È stato redatto, per la politica economica, un documento, su cui ho avuto occasione di esprimere all'amico Galloni le mie difficoltà, trattandosi di una somma di idee diverse, le più caratterizzanti delle quali sono state sfumate o poste in second'ordine.
    Ma, pur dai difetti di un documento, la delegazione avrebbe potuto trarre alcuni punti di forza precisi e originari, ai quali ancorare tutta la trattativa.
    Questo non è avvenuto e ci troviamo a discutere su questioni non di politica economica, ma di amministrazione e di ragioneria.
    Per superare i rilievi in negativo, sintetizzo alcune indicazioni che ritengo indispensabile far valere se la trattativa programmatica non è soltanto una iniziativa opportunistica tendente a prender tempo per stancheggiare il proprio campo e far emergere per esaurimento una aprioristica soluzione politica.
    1) Sono apprezzabili gli appelli alla drammaticità della situazione, se implicano corrispondenti applicazioni concrete: deve di conseguenza essere respinta la radicale modificazione intervenuta in Parlamento del decreto legge sulla finanza locale; si è distrutto l'accordo di luglio che voleva ripartire l'onere delle passività pregresse tra Stato e Enti locali, sicché non fossero irrisi gli amministratori più equilibrati; si applica una sanatoria o amnistia in quest'unico campo della non osservanza della legge sulla spesa degli amministratori degli Enti locali; e si cancella infine, letteralmente, il tetto di 13.500 miliardi come massimo di spesa per gli enti locali nel 1978. Tutto questo significa che, mentre da un lato si proclama drammatica la situazione e necessitante della massima severità, da un altro lato c'è piena autorizzazione a superare ogni barriera e a creare la convinzione della impunità per i prodighi del denaro pubblico.
    Perciò occorre riportare il provvedimento alle sue linee iniziali, anche a pena della decadenza e perciò della sostituzione del decreto.
    2) Quanto alla riduzione del deficit del settore pubblico allargato, si può anche operare nell'ordine dei 9 mila miliardi. Avendo però presente - in una equilibrata proposta organica - che è più necessario contenere la spesa che non aumentare l'entrata, anche perché la parte del Prodotto interno lordo risucchiato dal settore pubblico è da ridurre di almeno 2 punti per stare nei limiti già abbastanza spinti del 36 per 100 del PIL.
    3) Sulle grandi voci di dilagamento della spesa pubblica (pensioni, sanità) occorre operare con proposte di grande respiro, anziché provvedere soltanto a mettere qualche pezza sui passivi 1978. Esistono idee e progetti per grandi linee e il partito deve avere il coraggio di farne proprio taluno, per: a) equilibrare il sistema pensionistico dei lavoratori dipendenti ormai passivo; b) determinare il pareggio del sistema per gli autonomi, ma a livello di prestazioni più elevate, pari a quello per i lavoratori dipendenti, o con generale amministrazione dello Stato o con amministrazione delle categorie autonome al loro sistema; c) stabilire meccanismi automatici che prelevino per ciascuna Regione le spese eccedenti del servizio sanitario, di modo che la responsabilizzazione di chi spende sia chiara e stringente.
    4) Occorre andar acuti nel limitare il reddito dei pensionati e associare quelle misure ad altre
    - sul costo del lavoro;
    - sui redditi professionali;
    - sulla spesa preventivata per gli enti locali;
    - sugli alti redditi personali.
    5) La Dc deve dare indicazioni precise perché l'impresa e i meccanismi di mercato che ne possono assicurare la vitalità siano garantiti; e perché, in concreto, rispetto ai problemi del settore chimico, si esca dalla crisi senza allargare l'area della nazionalizzazione: soltanto un comportamento positivo e un risultato ugualmente positivo in quella direzione non creeranno una atmosfera ancora più negativa della presente all'investimento italiano e straniero.
    6) La prima quantificazione da definire in rapporto ad una politica diretta al pieno impiego riguarda la base di credito per l'economia e la programmazione dei flussi di credito per gli investimenti.
    Le altre indicazioni o sono conseguenti o sono prive di significato.
    Occorre avere una conferma in brevissimo termine che si dia una piattaforma organica alla trattativa (non conosco la rimanente materia, per alcuni punti assai delicata); in caso contrario nella presente confusione, che potrebbe perfino sembrare artificiosa ancorché sia convinto che così non è, si appesantiranno le condizioni politiche con le quali noi usciremo da questo difficile passaggio.
    Ho detto quanto sopra agli amici Galloni, Ferrari Aggradi e Scotti e le ripeto a voi per iscritto prima di decidere se mantenere oppure no l'incarico che mi si è voluto affidare".

  • Note

    carta intestata "Il Ministro per l'Industria il commercio e l'artigianato"; pubblicata in L'Italia di Donat-Cattin. Gli anni caldi della Prima Repubblica nel carteggio inedito con Moro, Fanfani, Rumor, Forlani, Andreotti, Piccoli, Zaccagnini, Cossiga, De Mita (1960-1991), a cura di V. Mosca e A. Parola, Marsilio, Venezia 2012


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