Fondazione Carlo Donat-Cattin - Polo del '900

Minuta manoscritta e copia dattiloscritta di lettera di Carlo Donat-Cattin al segretario politico della Dc Flaminio Piccoli, 27 agosto 1981

Unità archivistica
  • Segnatura archivistica

    FCDC TO Archivio Carlo Donat-Cattin 1295

  • Data

    27/08/1981

  • Contenuto

    "Si vanno consolidando le circostanze che comprovano una partecipazione assai limitata della Democrazia cristiana all'azione del governo, da quando titolare della presidenza del Consiglio non è più un democratico cristiano.
    Prima del Consiglio nazionale tu hai ammesso quella assenza o limitatezza, motivandola con gli attacchi rivolti al segretario, che ne assorbivano, a difesa, l'attività. Neppure quella discutibile motivazione oggi regge, poiché il Consiglio nazionale in qualche modo è stato superato.
    E' in corso un dibattito di notevole interesse sulla lotta contro il terrorismo, sulle condizioni carcerarie generali, sulle pene e sulla sicurezza dei testi. Sono problemi di grave momento in un passaggio delicato, dopo la recente ripresa delle BR ed alcuni risultati che hanno conseguito. In quel quadro, per quanto ci si applichi, è impossibile scorgere una linea strategica proposta dal partito, dei segmenti di linea in qualche modo da considerare, dopo il disegno di legge, piuttosto ostico verso i governi e l'amministrazione dello Stato, presentato alla fine di aprile dal gruppo Dc del Senato. Quel d.d.l. enuclea alcuni concetti validi, ma è ormai lontano dai fatti sopraggiunti e dalla nuova problematica che hanno aperto.
    Sul terreno istituzionale, sono stati avanzati alcuni volenterosi accenni per impostare una linea più aderente ai nostri principi in materia di enti locali da parte di Degan, che guida l'ufficio di quel settore, ma subito sono state manifestate contrarietà secondo le linee di un vecchio e deteriore "compromesso" parlamentare, e tutto si è fermato a quel punto, senza che si sappia in quale delle due direzioni voglia andare il partito.
    Nessuna indicazione nostra contribuisce all'impresa meritoria avviata dal sen. Spadolini per la riforma della presidenza del Consiglio, che, intanto sta per ricevere apporti di tecnici, che sembrano indicati per lottizzazione da tutto l'arco costituzionale: c'è un lotto democristiano, come c'è un lotto comunista probabilmente più forte, e uno repubblicano, eccetera. Dacché i tecnici in quelle funzioni non possono evitare di fare politica, mi interessa conoscere la posizione del partito sul fatto, che non si limita ad essere l'utilizzazione - senza dubbio positiva - delle competenze. Quella posizione del partito credo che nessuno abbia finora il bene di conoscerla, perché non c'è. Eppure gli sviluppi istituzionali sul punto sono di enorme interesse politico.
    E mi soffermo, infine, non per esaurire l'elenco, sulla politica economico-sociale. Il confronto governo-sindacati è stato fatto slittare da fine luglio a settembre, ma, pur facilitati dal rinvio, non abbiamo visto fin qui emergere una linea di partito che vada oltre alcune trite tesi generali e generiche.
    È stata notata la anomalia di una trattativa sul tasso di inflazione, poiché i generatori determinanti della stessa inflazione sono esterni al Paese e allo Stato. E meglio sarebbe rivolgersi non già a trattare il tasso di inflazione, ma invece, come scrive il prof. Mario Monti, le condizioni per ridurre l'inflazione.
    C'è però, nella anomalia, una più grave stortura. Spetta al governo regolare l'economia generale per la politica finanziaria e monetaria e al Parlamento controllare. Quando si riduce quella materia a livello contrattuale, lo Stato democratico cammina verso la sua autoliquidazione, per essere sostituto o da quello corporativo o da quello soreliano o "dei consigli", quando la stagione "dei consigli" è finita.
    Al di là di questi dati, formali, ma di grande significato, è diffusa la convinzione che la Cgil non consentirà ad accordi. La posizione della Cisl e dell'Uil è combattuta tra una scelta autonoma e il codismo verso la Cgil. Con motivazioni diverse, che già si intravedono, i dirigenti centrali della Cisl e dll'Uil, finiranno per accodarsi.
    E allora che cosa si farà?
    Per sapere che cosa fare allora, occorre sapere ancor prima che cosa si vuol fare ora: qual è la linea organica che la Dc propone al governo per la lotta all'inflazione con sostegno dell'occupazione e degli investimenti nel Sud; quali le modalità di selezione e di sostegno dell'offerta.
    Intanto il ministro del Tesoro è obbligato a rinviare la spesa, anziché limitarla, e a configgere con una nuova lobby, che egli stesso ha spinto a costituirsi, tra enti locali e istituti di credito, sostenuti da molta stampa, essendo egli alla disperata ricerca della riduzione del disavanzo pubblico. Gli incontrollati meccanismi assistenziali peggiorano, con i servizi, i disavanzi: e tutti gli amministratori di quegli enti e di quei servizi continuano a non essere responsabili.
    Intanto il ministro dell'Industria deve lottare contro gli aumenti dei prezzi dei generi di consumo a breve, medio e lungo: come? La cosa non è secondaria dopo parecchi esperimenti infelici. E vuole aumenti di tariffe, senza i quali il problema primario - quello dell'energia - manca di soluzione: e si appesantirà fino alla rottura il problema della bilancia dei pagamenti. Esso rimarrebbe comunque problematico, per la larga sostituzione nel piano energetico di energia nucleare con energia da carbone che, sostanzialmente, nel lungo termine, non ridurrà gli esborsi di valuta, come invece sarebbe col passaggio all'autofertilizzazione nucleare.
    Ora, su questi ministri si scatena la polemica. Come sostenere la loro azione? Essa è personale, forse valida, ma a spezzoni. Non è una scelta cosciente, coscientizzata e organica del partito: non è elemento costitutivo di un progetto.
    E che dire della politica dei giovani, della famiglia, della casa, tutte implicate in quella congiunturale?
    Non parlo poi dei discorsi, più o meno vittimistici, più o meno di reciproca comprensione che si intrecciano nel Paese tra mondo industriale e opposizione, per la capacità che l'opposizione mostra, di fronte alla nostra inerzia, di scaricare sulla maggioranza, e addirittura su una parte della maggioranza (i suoi "errori" passati), le previsioni scabre della stretta di autunno-inverno.
    Il partito si occupa dell'Assemblea più o meno costituente. Non obbietto. Avevo però ragione, quando, in Consiglio nazionale, dicevo che essa sarebbe servita, intanto, per assopirci: o, data la poco gradevole familiarità con i termini massonici, per andare in sonno.
    Non c'è assemblea che possa riuscire in nulla se l'avremo preparata con l'assenza politica e senza linea politica.
    Non c'è alleanza di governo che regga quando il partito di gran lunga il più forte la lascia sopravvivere occupandosene poco.
    Non basta perciò rispondere alle osservazioni lamentandosi di illazione e di polemica, pura o pretestuosa. Consentimi questo richiamo ai fatti, agli interessi del Paese, rimanendo ai margini dei quali si dà spazio a centralità combattute, obbiettivamente, per finta e si ledono gli interessi e soprattutto gli ideali della Democrazia cristiana. Lo faccio per il compito che ho scelto, insieme agli amici che hanno militato con me in Direzione e nel Consiglio nazionale, di dare un contributo critico e di stimolo di fronte ai pericoli immanenti in un partito che sembra molto affaticato.
    Cordialmente
    Carlo Donat-Cattin
    P.S. Un discorso complesso merita la politica internazionale. Per essa è necessario un dibattito attento e articolato se non vogliamo attenerci a genericismi ininfluenti. Sarebbe bene scegliere una sede non accademica per farlo".

  • Note

    carta intestata "Senato della Repubblica"; sul verso del manoscritto appunti di Donat-Cattin; pubblicata in L'Italia di Donat-Cattin. Gli anni caldi della Prima Repubblica nel carteggio inedito con Moro, Fanfani, Rumor, Forlani, Andreotti, Piccoli, Zaccagnini, Cossiga, De Mita (1960-1991), a cura di V. Mosca e A. Parola, Marsilio, Venezia 2012


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