Il mensile «Terzafase», ultima delle pubblicazioni promosse da Carlo Donat-Cattin che omaggiava nel titolo un’espressione di Aldo Moro, ha rappresentato per un decennio (1983-1993) un punto di riferimento per il partito di scelta ideale cristiana e democratica e per coloro che ne auspicavano un rinnovamento come strumento operativo di militanza politica.
L’editoriale d’esordio della rivista fissava argomenti e metodo d’indagine: "Vogliamo andare alla cause, addentrandoci in ricerche e riflessioni non generiche né evasive. In particolare dobbiamo affrontare almeno questi temi: il rapporto partiti-società, la storia, in particolare, della DC dal 1968 ad oggi; il rapporto società-istituzioni, da quelle centrali a quelle periferiche; e, più compiutamente, una rilettura – dai punti di vista politico, sociale, culturale e istituzionale – degli ultimi quattordici anni di storia italiana".
Una rivista elegante, graficamente curata. Le copertine riproducevano opere d’arte più o meno famose; per quella d’esordio fu scelta La voix des airs di René Magritte, in cui sono raffigurate tre sfere gigantesche fluttuanti in un cielo azzurro; significativo era il commento, riportato sulla retrocopertina: "La rimozione radicale di principi e valori conduce la vita associata anche nella dimensione politica a ruotare nel vuoto. Per quanto le intese diventassero totali, le superfici levigate e perfette le linee, si avanzerebbero sempre nel silenzio e nello spazio senza significato per l’uomo".
Ma «Terzafase» fu soprattutto un laboratorio di idee, aperto a giovani scrittori. Come aveva sperimentato lo stesso Donat-Cattin negli anni ’30 e ‘40, era importante dare spazio a voci nuove ed emergenti, perché attraverso la palestra del giornalismo si formassero all’esposizione argomentata e alla capacità di ricerca. Per sé egli tenne lo spazio dell’editoriale d’apertura e del singolare diario sui «fatti rimarchevoli e singolari della Democrazia Cristiana», intitolato «Giornale di bordo» e firmato con lo pseudonimo «il nostromo». Per il resto le firme erano le più varie. Qualche esempio ne dà il rilievo e l’interesse, anche per ciò che rappresentano oggi: Giuliano Ferrara, chiamato a commentare le vicende del suo Pci, che aveva lasciato nel 1983; Enzo Bettiza, all’epoca eurodeputato nel gruppo liberale e democratico; Roberto Ruffilli, che scrisse sulla terza fase nell’opinione di Moro, di cui avrebbe condiviso il tragico destino, freddato dalle Brigate Rosse. Molti di loro sarebbero finiti a lavorare in Rai: Maurizio Beretta, per anni al TG1 e poi direttore generale di Confindustria; Giorgio Merlo, giornalista presso la sede Rai del Piemonte e poi deputato dal 1996, che esordì su «Terzafase» a soli 24 anni, con un articolo su «Perché la Comunità [europea] non affascina le nuove generazioni?»; Giorgio Aimetti, uno dei collaboratori più assidui della rivista, approdato in seguito alla redazione del Gr1.
Spulciando tra gli indici delle prime annate si scoprirebbero altre sorprese, come le collaborazioni eccezionali del card. Carlo Maria Martini sul tema dell’etica del lavoro e dell’allora docente dell’Ateneo Salesiano di Roma e oggi Segretario di Stato Vaticano, Tarcisio Bertone, sul Concordato del 1984.
(Alessandro Parola)