Polo del 900 - TOUR

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Abitare la storia

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Ecce Polo. I Quartieri militari juvarriani di Torino hanno aperto le porte al nuovo centro culturale della città.

Palazzo San Celso e Palazzo San Daniele sono ora la casa di 19 enti culturali, che, attraverso i loro patrimoni e l’attività performativa, didattica, di studio e ricerca, diventano strumento della storia e della memoria collettiva, affiancando alle funzioni della conservazione e della valorizzazione un ruolo attivo al servizio della cittadinanza.

ANCR
Archivio cinematografico della Resistenza

Fondato da Paolo Gobetti e Franco Antonicelli Negli anni l’ANCR ha raccolto un patrimonio prezioso di film documentari sulla Resistenza, la guerra, la Deportazione e su altre vicende cruciali del ‘900, arricchito da una vasta biblioteca specialistica. Forte è anche l’attenzione al tema della memoria con la raccolta di video interviste a protagonisti della storia contemporanea.


Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza

Centro Internazionale di studi Primo Levi

Fondata da un gruppo di enti Soci: Regione Piemonte, Città di Torino, Provincia di Torino, Compagnia di San Paolo, Comunità Ebraica di Torino, Fondazione per il Libro, la Cultura e la Musica, i figli di Primo Levi Il Centro Internazionale di Studi Primo Levi rivolge le sue attività di ricerca a tutti i lettori e studiosi dello scrittore torinese, presenti in ogni parte del mondo. Raccoglie le edizioni delle sue opere, le numerose traduzioni pubblicate in decine di lingue, la bibliografia critica e ogni forma di documentazione sulla sua figura e sulla ricezione dell’opera.


Primo Levi nella sua casa, anni ’80 (Centro Internazionale Primo Levi)

Centro Studi Piero Gobetti

Il Centro studi Piero Gobetti fu fondato nel 1961 da Ada Prospero, Paolo e Carla Gobetti insieme ad alcuni amici di Piero. Da allora, il Centro studi lavora per far conoscere la storia dell’antifascismo e la cultura italiana del ‘900. Piero e Ada, Norberto Bobbio, Alessandro Galante Garrone e Bianca Guidetti Serra: attraverso le loro biblioteche e i loro archivi personali le voci del Centro raccontano un passato presente, storie di ieri e di oggi. Le nostre parole chiave: ricerca, formazione, promozione, autonomia, iniziativa.


Ada Gobetti in Consiglio Comunale a Torino, aprile 1945

Fondazione Carlo Donat-Cattin

Costituita su impulso degli eredi di Carlo Donat-Cattin. Soci fondatori, fra gli altri, Franco Marini, Siro Lombardini, don Antonio Mazzi, Giovanni Porcellana, Giovanni Spadolini La Fondazione si propone di favorire studi e ricerche sulla storia del pensiero sociale, politico ed economico tra ‘800 e ‘900, specie per quanto riguarda il movimento cattolico e la sua presenza nella società italiana ed europea. L’Archivio ha ottenuto dallo Stato il riconoscimento di interesse storico in quanto “costituisce una fonte di cospicua importanza per la storia delle correnti politiche e sindacali di ispirazione cattolica in Piemonte e sul piano nazionale”.


Primo maggio 1955 (Fondazione Donat-Cattin)

Fondazione culturale Vera Nocentini

Soci fondatori: un gruppo di dirigenti sindacali, intellettuali di docenti universitari tra cui Cesare Delpiano, Dora Marucco, Domenico Sereno Regis, Franco Gheddo, Fredo Olivero e Gianni Alasia. La Fondazione Nocentini propone a studiosi italiani e stranieri un ingente patrimonio costantemente in espansione costituito da fondi bibliotecari, archivistici, audiovisivi e iconografici. Promuove e coordina ricerche sul tema del lavoro, dei movimenti migratori e delle pari opportunità.


Corteo del primo maggio, 1980 (Fondazione Vera Nocentini)

ISMEL

Soci fondatori: Città di Torino, Fondazione Istituto piemontese Antonio Gramsci, Fondazione Vera Nocentini, Istituto di studi storici Gaetano Salvemini L’Istituto per la memoria e la cultura del lavoro, dell’impresa e dei diritti sociali, nasce a Torino per conservare e valorizzare materiale documentario (fotografie, manifesti, audiovisivi, libri, riviste e documenti d’archivio). Custodisce la memoria storica sul lavoro e sui diritti sociali, rendendola fruibile in chiave attuale, divulgandola con linguaggi innovativi attraverso la didattica e la ricerca a livello nazionale e internazionale.


Istituto per la Memoria e la Cultura del Lavoro, dell'Impresa e dei Diritti Sociali

Fondazione Istituto piemontese Antonio Gramsci

Fondata da un comitato promotore di 80 intellettuali italiani tra cui Gianni Alasia, Norberto Bobbio, Lucio Libertini, Claudio Napoleoni, Aventino Pace e Paolo Spriano che ne costituiscono il primo nucleo dirigente Nata con l’obiettivo di divenire un punto d’incontro libero e aperto fra le varie culture della sinistra, attraverso un’intensa attività di produzione culturale sui problemi e sulla storia della società contemporanea, anche nei suoi aspetti regionali e locali.


Presentazione della nuova Fiat 500 a Torino, 1957 (Istituto piemontese A. Gramsci)

Istituto di studi storici Gaetano Salvemini

Fondato su iniziativa di alcuni storici come Giorgio Spini, Massimo Salvadori e Franco Venturi, dal 1981 è presieduto da Valerio Castronovo Promuove ricerca e divulgazione su temi di storia contemporanea italiana e internazionale, richiamandosi idealmente a Gaetano Salvemini e al suo storico impegno di intellettuale e antifascista nelle lotte civili e culturali.


Giorgio Benvenuto, i 35 giorni della Fiat Mirafiori, 1980 (Istituto Salvemini)

Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti”

Fondato dal Comitato di Liberazione Nazionale piemontese su impulso di Franco Antonicelli e di Alessandro Galante Garrone L’Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea (Istoreto) possiede un ingente patrimonio bibliotecario e archivistico e opera nell’ambito della sua conservazione e valorizzazione. Svolge attività scientifica e didattica e si occupa di ricerca e promozione culturale.


Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti”

Museo Diffuso della Resistenza della Deportazione della Guerra dei Diritti e della Libertà

Soci fondatori: Regione Piemonte, Provincia di Torino, Comune di Torino, Ancr, Istoreto L’allestimento del Museo – “Torino 1938–1948. Dalle Leggi Razziali alla Costituzione” -” rievoca la vita quotidiana durante la guerra, la Resistenza e il ritorno alla democrazia, attraverso le immagini, i suoni e le voci dei testimoni, presentati in una originale installazione multimediale. Il concetto di “museo diffuso” sottolinea lo stretto rapporto con il territorio e l’impegno nella valorizzazione dei luoghi di memoria.


Museo Diffuso della Resistenza

Rete italiana di Cultura Popolare

Fondato su iniziativa dell’Associazione Teatro delle Forme e dell’Unione delle Province Italiane La RICP svolge attività di ricerca e progettazione di azioni mirate alla individuazione, tutela, valorizzazione e riproposizione, nel solco della modernità, delle tradizioni e delle diverse espressioni di cultura popolare. L’obiettivo è quello di mettere a sistema le riconosciute diversità che caratterizzano le attività socio-culturali dei territori, lette come luoghi di socialità in cui trasmettere saperi e conoscenze, facendone emergere le relative appartenenze.


I pupi di Acireale, Catania (Rete di Cultura Popolare)

Unione culturale Antonicelli

Fondata da un gruppo di intellettuali antifascisti tra cui Norberto Bobbio, Guido Hess, Francesco Menzio, Massimo Mila e Cesare Pavese Lungo i suoi settant’anni di attività l’Unione Culturale Franco Antonicelli si è posta l’obiettivo di contribuire alla conoscenza e alla diffusione dei movimenti artistici e culturali italiani e stranieri, con una particolare attenzione ai giovani e ai nuovi cittadini. L’Associazione assume come proprio riferimento la democrazia, l’eredità dell’antifascismo e della Resistenza, la tradizione maturata nel mondo del lavoro e nel movimento operaio.


Manifesto Arte e Anarchia, 1987 (Unione Culturale Antonicelli)

ANCR
Archivio cinematografico della Resistenza

Fondato da Paolo Gobetti e Franco Antonicelli, negli anni l’ANCR ha raccolto un patrimonio prezioso di film documentari sulla Resistenza, la guerra, la Deportazione e su altre vicende cruciali del ‘900, arricchito da una vasta biblioteca specialistica. Forte è anche l’attenzione al tema della memoria con la raccolta di video interviste a protagonisti della storia contemporanea.


Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza

Centro Internazionale di studi Primo Levi

Fondata da un gruppo di enti Soci: Regione Piemonte, Città di Torino, Provincia di Torino, Compagnia di San Paolo, Comunità Ebraica di Torino, Fondazione per il Libro, la Cultura e la Musica, i figli di Primo Levi, il Centro Internazionale di Studi Primo Levi rivolge le sue attività di ricerca a tutti i lettori e studiosi dello scrittore torinese, presenti in ogni parte del mondo. Raccoglie le edizioni delle sue opere, le numerose traduzioni pubblicate in decine di lingue, la bibliografia critica e ogni forma di documentazione sulla sua figura e sulla ricezione dell’opera.


Primo Levi nella sua casa, anni ’80 (Centro Internazionale Primo Levi)

Centro Studi Piero Gobetti

Il Centro studi Piero Gobetti fu fondato nel 1961 da Ada Prospero, Paolo e Carla Gobetti insieme ad alcuni amici di Piero. Da allora, il Centro studi lavora per far conoscere la storia dell’antifascismo e la cultura italiana del ‘900. Piero e Ada, Norberto Bobbio, Alessandro Galante Garrone e Bianca Guidetti Serra: attraverso le loro biblioteche e i loro archivi personali le voci del Centro raccontano un passato presente, storie di ieri e di oggi. Le nostre parole chiave: ricerca, formazione, promozione, autonomia, iniziativa.


Ada Gobetti in Consiglio Comunale a Torino, aprile 1945 (Centro Studi Gobetti)

Fondazione Carlo Donat-Cattin

Costituita su impulso degli eredi di Carlo Donat-Cattin. Soci fondatori, fra gli altri, Franco Marini, Siro Lombardini, don Antonio Mazzi, Giovanni Porcellana, Giovanni Spadolini, la Fondazione si propone di favorire studi e ricerche sulla storia del pensiero sociale, politico ed economico tra ‘800 e ‘900, specie per quanto riguarda il movimento cattolico e la sua presenza nella società italiana ed europea. L’Archivio ha ottenuto dallo Stato il riconoscimento di interesse storico in quanto “costituisce una fonte di cospicua importanza per la storia delle correnti politiche e sindacali di ispirazione cattolica in Piemonte e sul piano nazionale”.


Primo maggio 1955 (Fondazione Donat-Cattin)

Fondazione culturale Vera Nocentini

Soci fondatori: un gruppo di dirigenti sindacali, di intellettuali, di docenti universitari tra cui Cesare Delpiano, Dora Marucco, Domenico Sereno Regis, Franco Gheddo, Fredo Olivero e Gianni Alasia La Fondazione Nocentini propone a studiosi italiani e stranieri un ingente patrimonio costantemente in espansione costituito da fondi bibliotecari, archivistici, audiovisivi e iconografici. Promuove e coordina ricerche sul tema del lavoro, dei movimenti migratori e delle pari opportunità.


Corteo del primo maggio, 1980 (Fondazione Vera Nocentini)

ISMEL

Soci fondatori: Città di Torino, Fondazione Istituto piemontese Antonio Gramsci, Fondazione Vera Nocentini, Istituto di studi storici Gaetano Salvemini l’Istituto per la memoria e la cultura del lavoro, dell’impresa e dei diritti sociali, nasce a Torino per conservare e valorizzare materiale documentario (fotografie, manifesti, audiovisivi, libri, riviste e documenti d’archivio). Custodisce la memoria storica sul lavoro e sui diritti sociali, rendendola fruibile in chiave attuale, divulgandola con linguaggi innovativi attraverso la didattica e la ricerca a livello nazionale e internazionale.


Istituto per la Memoria e la Cultura del Lavoro, dell'Impresa e dei Diritti Sociali

Fondazione Istituto piemontese Antonio Gramsci

Fondata da un comitato promotore di 80 intellettuali italiani tra cui Gianni Alasia, Norberto Bobbio, Lucio Libertini, Claudio Napoleoni, Aventino Pace e Paolo Spriano che ne costituiscono il primo nucleo dirigente, nata con l’obiettivo di divenire un punto d’incontro libero e aperto fra le varie culture della sinistra, attraverso un’intensa attività di produzione culturale sui problemi e sulla storia della società contemporanea, anche nei suoi aspetti regionali e locali.


Presentazione della nuova Fiat 500 a Torino, 1957 (Istituto piemontese A. Gramsci)

Istituto di studi storici Gaetano Salvemini

Fondato su iniziativa di alcuni storici come Giorgio Spini, Massimo Salvadori e Franco Venturi, dal 1981 è presieduto da Valerio Castronovo.

Promuove ricerca e divulgazione su temi di storia contemporanea italiana e internazionale, richiamandosi idealmente a Gaetano Salvemini e al suo storico impegno di intellettuale e antifascista nelle lotte civili e culturali.


Giorgio Benvenuto, i 35 giorni della Fiat Mirafiori, 1980 (Istituto Salvemini)

Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti”

Fondato dal Comitato di Liberazione Nazionale piemontese su impulso di Franco Antonicelli e di Alessandro Galante Garrone, l’Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea (Istoreto) possiede un ingente patrimonio bibliotecario e archivistico e opera nell’ambito della sua conservazione e valorizzazione. Svolge attività scientifica e didattica e si occupa di ricerca e promozione culturale.


Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti”

Museo Diffuso della Resistenza della Deportazione della Guerra dei Diritti e della Libertà

Soci fondatori: Regione Piemonte, Provincia di Torino, Comune di Torino, Ancr, Istoreto

L’allestimento del Museo – “Torino 1938 – 1948. Dalle Leggi Razziali alla Costituzione” -” rievoca la vita quotidiana durante la guerra, la Resistenza e il ritorno alla democrazia, attraverso le immagini, i suoni e le voci dei testimoni, presentati in una originale installazione multimediale. Il concetto di “museo diffuso” sottolinea lo stretto rapporto con il territorio e l’impegno nella valorizzazione dei luoghi di memoria.


C.A.D.A 1979-1985 Arte e politica in Cile

Rete italiana di Cultura Popolare

Fondata su iniziativa dell’Associazione Teatro delle Forme e dell’Unione delle Province Italiane, la RICP svolge attività di ricerca e progettazione di azioni mirate alla individuazione, tutela, valorizzazione e riproposizione, nel solco della modernità, delle tradizioni e delle diverse espressioni di cultura popolare. L’obiettivo è quello di mettere a sistema le riconosciute diversità che caratterizzano le attività socio-culturali dei territori, lette come luoghi di socialità in cui trasmettere saperi e conoscenze, facendone emergere le relative appartenenze.


I pupi di Acireale, Catania (Rete di Cultura Popolare)

Unione culturale Antonicelli

Fondata da un gruppo di intellettuali antifascisti tra cui Norberto Bobbio, Guido Hess, Francesco Menzio, Massimo Mila e Cesare Pavese, lungo i suoi settant’anni di attività l’Unione Culturale Franco Antonicelli si è posta l’obiettivo di contribuire alla conoscenza e alla diffusione dei movimenti artistici e culturali italiani e stranieri, con una particolare attenzione ai giovani e ai nuovi cittadini. L’Associazione assume come proprio riferimento la democrazia, l’eredità dell’antifascismo e della Resistenza, la tradizione maturata nel mondo del lavoro e nel movimento operaio.


Manifesto Arte e Anarchia, 1987 (Unione Culturale Antonicelli)
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KILOMETRI DI BIT

Kilometri di bit

L’unione dei patrimoni archivistici e bibliografici degli istituti che hanno traslocato dalle sedi storiche sparse nella città, e di quelli degli istituti già residenti, dà numeri impressionanti. È questo l’elemento innovativo del Polo: la concentrazione e la valorizzazione di archivi, biblioteche, audiovisivi, immagini e materiali digitali in un unico luogo e con nuovi strumenti.

Sono già tantissime le persone che frequentano il Polo,
ma vogliamo continuare a crescere coinvolgendo
soprattutto i giovani e i nuovi cittadini.

UNA LINGUA PER CAPIRSI

La biblioteca del Polo

La biblioteca del Polo

Spazi per la lettura, lo studio, la consultazione e la ricerca.

A Palazzo San Celso, il pubblico è accolto in due sale, una di lettura con una ricca emeroteca, specializzata in Antifascismo e Resistenza, e una per la consultazione degli audiovisivi. A Palazzo San Daniele si trova invece il Salotto del ‘900, con al primo piano una grande sala lettura che propone, a scaffale aperto, alcuni temi selezionati dalle raccolte di tutte le biblioteche del Polo.

SFOGLIARE LA STORIA


Il Polo per sfogliare la Storia

Con il portale, si apre un mondo multimediale. Per esplorare la storia del ‘900 basterà voltare le pagine virtuali del suo archivio. Attraverso i documenti, le memorie audio, i video, le fotografie, le stampe, i manifesti, gli alberi d’inventario saranno i protagonisti della storia a mostrarsi al pubblico, uscendo dagli scaffali e incontrando i cittadini grazie a un’esperienza di fruizione innovativa e interattiva.

LA REPUBBLICA


I grandi temi del 900La Repubblica

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L’UDI e la lotta per l’emancipazione femminile

Nata nel 1944 come organo collaterale del PCI, l’Unione Donne Italiane è protagonista nel dopo guerra di numerose campagne per la promozione dell'attività politica femminile, dall'affermazione attiva del loro ruolo pubblico al raggiungimento dell'emancipazione individuale. Tra le prime attività si annovera la lotta per l’allargamento del voto alle donne. Nel 1947, ad aderire all’UDI erano oltre 425 mila iscritte: a distanza di pochi mesi, il 18 aprile 1948, si tengono le prime elezioni politiche della Repubblica che portano in Parlamento, per la prima volta, 49 donne democraticamente elette.


Un gruppo di attiviste impegnate per le elezioni della Costituente, Torino, 1946

Il PCI e il voto alle donne

Dopo lunghe lotte e ampi dibattiti sul ruolo femminile nella sfera pubblica, il 31 gennaio 1945 il decreto De Gasperi-Togliatti riconosce il diritto di voto alle donne con più di 25 anni d’età. Nonostante le remore di molti schieramenti, spaventati da un possibile astensionismo femminile e i timori del PCI, timoroso di un esito eccessivamente favorevole al mondo cattolico, tutti accolgono la campagna per l'allargamento del voto. A invocarlo per la prima volta come un diritto legittimo e individuale e in piena autonomia è il Comitato Pro-voto, costituito dalle rappresentanti dei partiti del CLN.


Manifesti murali, Torino, giugno 1946

Le donne nella Costituente

La presenza delle donne in politica resta minoritaria per tutta l’età repubblicana, rimarcando il carattere maschile dell’accesso ai ruoli attivi. Il voto del 2 giugno 1946 segna tuttavia un traguardo importante. A sedere nell’Assemblea Costituente sono 21 donne: 9 per il PCI, 9 per la DC, 2 per il PSIUP, 1 per l’Uomo Qualunque. Tra queste Nilde Iotti (presidente della Camera tra il 1979 e il 1992), Angela Maria Cingolani (sottosegretario all’Industria nel 1959, prima donna a ricoprire un incarico ministeriale), Adele Bei (deputata PCI e attiva sindacalista), Teresa Noce (antifascista, militante comunista).


“Costituente 1946!” - Partito socialista italiano di unità proletaria

L’Italia si sveglia Repubblica

Su 28 milioni di aventi diritto, 25 partecipano al voto per il referendum istituzionale e la Costituente. Le elezioni del 2 giugno 1946 sono la prima grande esperienza democratica dell’Italia, che porta a compimento il “raggiungimento dei diritti di cittadinanza politica”. Nelle urne, il Paese è diviso: al nord, dove la Resistenza ha assunto i contorni di una guerra civile, prevale il voto repubblicano; al centro-sud e nelle isole quello monarchico. Il 10 giugno la Cassazione diffonde il risultato (confermato il 18 con il conteggio complessivo dei votanti, schede non valide incluse): l’Italia è una Repubblica.


Il proclama di Umberto II sul referendum istituzionale, Torino, 1946

27 dicembre 1947

È questa la data in cui l’Assemblea Costituente, eletta con il primo voto a suffragio universale, licenzia la Costituzione democratica, ispirata ai principi dei Diritti dell’Uomo espressi nella Conferenza di San Francisco, all’indomani della guerra, e alle migliori esperienze europee (Francia, 1946, Weimar, 1919) e americane (1776). Votata con 453 favorevoli e 63 contrari, frutto dei lavori di un anno e mezzo delle maggiori personalità giuridiche e politiche del tempo, la Carta Costituzionale dona all’Italia una cornice condivisa in cui ricomprendere ferite e scissioni. Entra in vigore il 1° gennaio 1948.


Elezioni per la Costituente, Torino, 1946

18 aprile 1948

Le prime elezioni repubblicane si tengono il 18 aprile 1948: a imporsi è la DC, con il 48,5% dei voti, seguita dal Fronte democratico popolare (31%), Unità socialista (7%), Blocco nazionale (3,8%), PRI (2,5%). A guidare il consiglio dei Ministri è Alcide De Gasperi, che il 23 maggio forma il suo quinto governo (il primo era stato nel 1945, ancora in epoca monarchica, composto dai partiti del Comitato di Liberazione Nazionale). L’11 maggio Luigi Einaudi è eletto primo presidente della Repubblica. Succede al capo di Stato provvisorio, Enrico De Nicola, che aveva apposto la prima firma sulla Costituzione repubblicana.


Torino 1946

La festa di tutti

La festa della Repubblica si festeggia in tutta Italia il 2 giugno, in ricordo del referendum del 1946. La prima celebrazione risale al 1948: da allora, il cerimoniale ufficiale prevede che il Presidente della Repubblica deponga una corona d’alloro presso l’Altare della Patria a Roma, in omaggio al Milite Ignoto e alla presenza delle maggiori cariche dello Stato. Dal 1950, la cerimonia è seguita da una parata di forze militari lungo i Fori Imperiali (Esercito Italiano, Polizia, Vigili del Fuoco, Croce Rossa Italiana e, dal 2004, alcuni corpi della polizia municipale di Roma, della protezione civile e della Croce Rossa).


I quarant’anni della Repubblica, 1946-1986, nelle pagine di “Terza Fase”, periodico fondato da Carlo Donat-Cattin

IL LAVORO


I grandi temi del 900Il lavoro

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1922Al lavoro nelle fabbriche

In principio era la fabbrica. Almeno a Torino, a partire dal 1922, quando apre lo stabilimento FIAT di Lingotto, cui segue quello di Mirafiori (1937).

L’apice dello sviluppo industriale si colloca un decennio dopo, quando le grandi energie della ricostruzione pongono le basi per gli investimenti produttivi che trasformano il paese da agricolo a industrializzato.

Nell’immaginario collettivo, è la catena di montaggio a segnare il nuovo ritmo del paese. È qui, nelle fabbriche, che gli operai apprendono le condizioni del nuovo lavoro meccanizzato; qui si pongono anche le basi per l’unità di classe che alimenterà la lotta di classe per i nuovi diritti.


Operai al lavoro in un interno officina

Primo maggio

Si scrive “1° maggio”, si legge “festa del lavoro, dei lavoratori e dei loro diritti”. È così dal secolo scorso, precisamente dal 1886, quando a Chicago oltre 30mila persone protestano contro le condizioni di lavoro e denunciano le violenze durante gli scioperi, culminate nella morte di 2 operai per mano della polizia. Rivendicazioni e scioperi ad oltranza si diffondono in altri paesi. È però l’Internazionale Socialista che ne ufficializza la ricorrenza (1889), in occasione della II Internazionale di Parigi. Nel 1891 arriva la ratifica anche per l’Italia. Da allora si festeggia ininterrottamente, tra luci e ombre, come in occasione della drammatica strage di Portella della Ginestra, nel 1947.


1° maggio 1980. Per la pace di lotta contro il terrorismo. Federazione unitaria Cgil-Cisl-Uil Torino

1944La nascita del sindacato unitario

Tra il 3 e il 9 giugno del 1944 si ratifica il patto di Roma: nasce la Confederazione generale italiana del lavoro, la Cgil unitaria. L’origine va rintracciata nei mesi precedenti l’armistizio, quando il governo Badoglio assegna la gestione delle Confederazioni sindacali fasciste a commissari straordinari provenienti dal sindacalismo libero. Le spinte comuni per la costituzione unitaria trovavano ragione nella lotta antifascista e nel timore di un sindacato diviso. Se unica è l’idea che i contratti di lavoro debbano valere per tutti, diverse sono le concezioni della natura del sindacato. Nel 1948, la Confederazione si divide secondo linee politiche interne: alla Cigl, si affiancano la Cisl e la Uil.


3° Conférence internationale des syndacats et travailleurs de la métallurgie et de la mècanique,21-25 settembre 1958 Prague

1967Il lavoro minorile

Il 17 ottobre viene firmata la legge n. 977, che regola per la prima volta il lavoro dei minori e fissa a 15 anni l’età minima per l’impiego dei bambini, parallelamente alla fine dell’istruzione obbligatoria (poi estesa a 16 anni nel 2006). La legge non sana la realtà effettiva, causata in gran parte dalla povertà di alcune fasce sociali. Nel 2000, il Dipartimento per i diritti della cittadinanza ed economia sociale della Cigl divulga i dati sul lavoro dei minori: sono 400mila, equamente distribuiti tra nord e sud. Nel 2001 l’ISTAT ne stima 140mila al lavoro, nel 2013, la Fondazione Bruno Trentin e Save The Children ne attestano 260mila. 30mila in condizioni usuranti.


Il lavoro dei bambini.giornalisti, sindacato, volontariato, insieme contro lo sfruttamento dei minori, Torino 28 maggio 1998

1969L’autunno caldo

Il dopoguerra e il boom economico producono grandi profitti per l’industria italiana, ma nessuna delle promesse - sviluppo e benessere collettivo, diritti sociali e salari migliori - trovano realizzazione per la classe lavoratrice. Alimentano il disagio anche l’alienazione del lavoro operaio e la difficile integrazione dei giovani immigrati. Le tensioni culminano nelle agitazioni del 1969: capeggiate dagli operai, si estendono presto al terziario e alle donne che lavoravano a cottimo, coinvolgendo anche gli studenti. A Torino, la Fiat è protagonista degli scontri più accesi: gli scioperi sfoceranno nella “battaglia di corso Traiano” (3 luglio), spenta nella violenza dalla polizia.


Autunno 1969. Donat-Cattin guida al Ministero del lavoro gli incontri per la trattativa del contratto dei metalmeccanici. Al tavolo Gino Giugni, Mario Toros, Luciano Lama, Bruno Storti, Giuseppe Glisenti, Piero Boni

1970Lo statuto dei Lavoratori

Dalle rivendicazioni operai e dalle lotte sociali del 1968-69 discendono conquiste importanti: la principale è lo Statuto dei diritti dei Lavoratori, approvato dalla Camera il 20 maggio 1970. La legge 300 sancisce, tra l’altro, la libertà dei lavoratori di esprimere la propria opinione nei luoghi di lavoro; il diritto di associarsi sindacalmente e di ricoprire ruoli attivi; il divieto di effettuare indagini sui lavoratori in base a opinioni politiche, religiose o sindacali; il sanzionamento del comportamento antisindacale dei datori di lavoro; il diritto al reintegro nel proprio ruolo in presenza di licenziamenti per ingiusta causa o motivo (art. 18, modificato nel 2015 dal governo Renzi).


Legge 300/1970. La prima pagina della Gazzetta del Popolo: “Lo Statuto dei lavoratori diventa legge”

1980I 35 giorni della FIAT

Undici anni dopo l’autunno caldo, la lotta degli operai alla Fiat conclude la lunga stagione di lotte sindacali. La miccia è l’annuncio di quasi 15mila licenziamenti. Gli operai presidiano i cancelli, organizzano scioperi e pattugliamenti notturni, contestano i dirigenti sindacali. Il 29 settembre la FIAT annuncia la cassa per 23mila lavoratori. Dopo lo sciopero generale (10 ottobre), viene convocata la manifestazione dei quadri contro il blocco dei cancelli: è “la marcia dei 40 mila”. A Roma intanto si giunge a un accordo: 36 mesi di cassa per 24mila operai, metà dei quali destinata alla mobilità. L’ultimo atto si compie con la firma dell’accordo delle segreterie confederali, che rompe il patto con la base operaia.


Giorgio Benvenuto davanti Mirafiori durante i 35 giorni 1980

1980Le morti bianche

Non fanno notizia, eppure dovrebbero. In quasi cinquant’anni, a morire sul lavoro sono state 100mila persone. Sono le “morti bianche”, silenziose e invisibili. Il picco si registra nell’industria (1961) con oltre 2000 decessi.Edilizia, metalmeccanica, chimica i settori più colpiti. Le conseguenze per la salute dei lavoratori e l’inquinamento ambientale colpiscono equamente nord e sud, interessando tutti i grandi stabilimenti industriali del 900: il polo Ilva/Italsider di Taranto e Genova, la raffineria Saras a Sarroch, l’amiantifera a Casale Monferrato. Si aprono i processi, tutti senza responsabilità, prescritte dai tempi lunghissimi di una giustizia ingiusta.


La tuta si lava i polmoni no. Manifesto della Fim Cisl, primi anni ’70

LIBERAZIONE


I grandi temi del 900Liberazione

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1945Il ritorno della libertà

L’inizio fu una conclusione. Così dicono gli storici, così scrisse Galli della Loggia, riferendosi alla data spartiacque che conduce alla più grande trasformazione della storia contemporanea dell’Italia, l’8 settembre 1943.L’armistizio segna infatti la fine di “quella” patria, con la caduta del regio esercito e delle amministrazioni pubbliche, e la fine del fascismo. La frattura avvia il lungo percorso verso la Liberazione. Quanto è stato lungo? La storia dice 19 mesi, i fatti dicono cinque giorni, dal 25 aprile al primo maggio: quelli necessari per vedere insorgere le città contro i nazifascisti e restituire all’Italia un volto democratico.


Giorni della Liberazione. Nel gruppo di partigiani e staffette in posa assiepati su un auto, si riconosce, al posto di guida, Edoardo Doglio (Edo), comandante di battaglione della Divisione Matteotti Renzo Cattaneo, Torino

Torino liberata

Il via arriva con la radio, la mattina del 25 aprile. È da qui che risuona la voce del Clnai, il Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia. L’onda è già in movimento: a Bologna, i partigiani sfilano in piazza già il 21 aprile; Genova riceve l’ordine il 23, Cuneo il 24. A ruota arrivano le altre città. A Torino l’insurrezione generale viene annunciata la sera del 24. Il 26 nelle periferie si apre il fuoco, le fabbriche vengono occupate da partigiani e operai. La trattativa per la resa si insacca nella diplomazia e, nella notte, le truppe tedesche abbandonano Torino, aprendosi un varco tra le linee partigiane. Il 28 aprile la città è libera.


Le truppe alleate entrano in Torino, Torino 1945

Storia e memoria

Tassello fondativo della storia repubblicana, la Liberazione rivive da oltre 50 anni nella memoria collettiva attraverso molteplici ricorrenze. La più importante è quella che celebra la liberazione di tutto il territorio italiano, proclamata da Umberto II il 22 aprile 1946.

Il processo di radicamento della memoria della Resistenza non è stato lineare; ha però generato lasciti importanti, capaci di valorizzare la tenuta connettiva del tessuto sociale, in contrasto alle forze disgregatrici. Molti anche gli enti nati all’indomani del conflitto. Tra tutti, un cenno speciale merita l’Associazione nazionale dei partigiani d’Italia (Anpi), costituita il 6 giugno 1944 a Roma.


Anniversario della Liberazione al microfono Franco Antonicelli; dopo parlerà Palmiro Togliatti, Torino 1949

La Resistenza delle donne

“Quando fui catturata dalla SS avevo appena compiuto 21 anni. L’arresto pose fine alla mia attività clandestina, iniziata esattamente un anno prima. Nel settembre del 1943 ero entrata a far parte dei Gruppi di difesa della donna, un’organizzazione femminile che si occupava di raccogliere denaro, cibo, vestiti e tutto ciò che potesse servire ai partigiani; quindi, nel maggio del 1944 avevo chiesto di potermi unire alle formazioni combattenti che agivano in città, i Gap, i Gruppi di azione patriotica. Fui catturata il pomeriggio del 12 settembre, tradita da un partigiano passato al nemico. (…)

Il mio nome di battaglia era Sandra. ”

Onorina Brambilla Pesce, Il pane bianco, Edizioni Arterigere, Varese 2010


Nei giorni della Liberazione delle donne trasportano un ferito, Torino 1945

La frenesia della Liberazione

“Il comando di zona mi manda a Torino, devo portare una lettera a Peccei, un direttore generale della Fiat che è dei nostri ma anche della Fiat, tanto è vero che ha piazzato il comando di Giustizia e libertà nella villa del senatore Agnelli. (…) La villa del senatore è vicina al Po, su cui ogni tanto passano i cadaveri dei cecchini fascisti (…). D’improvviso passa una voce «ce n’è uno alla Gran Madre», «ce ne sono sui tetti di Piazza Vittorio». (….) Sento il fruscio delle corde dell’ascensore. Esce un signore anziano in abito scuro, con canna. È il senatore Agnelli. Mi viene incontro e chiede «posso uscire a far due passi?». «Non le conviene, senatore, stanno ancora sparando». Ci pensa su, poi torna all’ascensore.”

Giorgio Bocca, Con le segretarie Fiat non si scherza, in “La Scelta. Dalla Resistenza alla Liberazione”, l’Unità 2005.


Partigiani in Galleria S. Federico, Torino 1945

L’unificazione

“Il 2 aprile 1945 il Clnai aveva infine emanato la storica direttiva che, abolendo ogni forma di parte, fondeva e consolidava tutte le unità partigiane nel Corpo Volontari della Libertà. Dovevano scomparire tuti i distintivi e i contrassegni differenziati. I fazzoletti rossi dei garibaldini e delle Matteotti, quelli verdi delle formazioni GL e quelli azzurri delle formazioni militari autonomi sarebbero stati sostituiti da un unico fazzoletto tricolore. ”

Raimondo Luraghi, Eravamo partigiani. Ricordi del tempo di guerra, Bur Saggi, Milano 2005


Primavera 1944. Gruppo di partigiani della 4ª Banda (poi Brigata Valle Vermenagna) di quella che diventerà la 1ª Divisione Gl, in marcia. Si riconosce Alberto Bianco (davanti al gruppo, in primo piano)

La nostra Battaglia

“L’amicizia – legame di solidarietà, fondato non su comunanza di sangue, né di patria, né di tradizione intellettuale, ma sul semplice rapporto umano del sentirsi uno con uno tra molti – m’è parso il significato intimo, il segno della nostra battaglia. E forse lo è stato veramente. E soltanto se riusciremo a salvarla, a perfezionarla o a ricrearla al disopra di tanti errori e di tanti smarrimenti, se riusciremo a capire che questa unità, questa amicizia non è stata e non dev’essere solo un mezzo per raggiungere qualche altra cosa, ma è un valore in se stessa, perché in essa forse è il senso dell’uomo – soltanto allora potremo ripensare al nostro passato e rivedere il volto dei nostri amici, vivi e morti, senza malinconia e senza disperazione.”

Ada Gobetti, Diario partigiano, Einaudi, Torino, 1956.


Ada Prospero Marchesini Gobetti [1944]

LE DONNE


I grandi temi del 900Le Donne

Tour

1908 Giornata internazionale della donna

Il mito storiografico femminista rintraccia la nascita della ricorrenza della Giornata internazionale della donna nel rogo di una fabbrica di tessuti a New York in cui, a inizio secolo, persero la vita decine di operaie (avvenuto davvero, ma nel 1911). In realtà la celebrazione si deve a un atto deliberativo del Segretariato internazionale delle donne socialiste. In Italia la festa è introdotta nel 1922 per volontà del partito comunista d’Italia.


Pubblicazione celebrativa in occasione del 50esimo anniversario della Giornata internazionale della Donna, 1960

15-18Donne al lavoro, uomini in guerra

La dichiarazione di guerra all’Austria decreta l’ingresso dell’Italia nella grande guerra. Il paese si divide: al fronte gli uomini, a casa le donne. Il perdurare del conflitto presto porta la guerra a irrompere nella quotidianità del paese. In 3 anni, nelle fabbriche entrano decine di lavoratrici donne, che ben presto sostituiscono la manodopera maschile: da 23.000 (1915) a quasi 200.000 al termine del conflitto.


Società Nazionale Officine di Savigliano – Reparto Fonderia Bronzo, Formatura e Fusione, 1915-1916 (ISMEL)

1946 Le donne al voto

In ritardo di quasi un quarto di secolo rispetto alle donne inglesi e americane, le donne italiane devono aspettare la fine del secondo conflitto per ottenere il diritto di voto. Lo ratificano due decreti: quello del gennaio 1945 che sancisce il diritto elettorale attivo per le donne con più di 21 anni e quello del marzo 1946 che stabilisce l’eleggibilità delle donne con più di 25 anni. Nella prima occasione elettorale nazionale (2 giugno 1946), partecipa al voto quasi il 90% delle aventi diritto per eleggere l’assemblea costituente e pronunciarsi nel referendum per l’abrogazione della Monarchia.


Ada Gobetti parla davanti alla Fiat Mirafiori il 30 settembre 1945

1950 Lotte sociali

Gli anni Cinquanta in Italia segnano l’ingresso delle donne nella vita sociale e politica del paese. Uno dei primi provvedimenti riguarda la regolazione giuridica del lavoro femminile: è la legge Noce, che legifera sulla “tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri”. Occorre attendere però il 1956 per veder sancita la parità con gli uomini, il 1963 per vedere riconosciuto l’accesso delle donne al pubblico impiego e il 1977 per la ratifica della parità di trattamento lavorativo tra uomo e donna contro ogni tipo di discriminazione su base sessuale.


Lettere dalle case chiuse, a cura di Lina Merlin e Carla Barberis, Edizioni Il Gallo, 1955. Nelle lettere delle prostitute la tragica condizione di chi viene sfruttato e rinchiuso nelle “case”

1978 Aborto e diritti civili

La battaglia per la depenalizzazione dell’aborto inizia nel 1971 con una raccolta di firme del Movimento per la liberazione della donna e la presentazione di un testo di legge di iniziativa popolare sulla libertà d’aborto e d’uso di metodi anticoncezionali. Il travaglio per l’iter parlamentare è lungo: le Norme per la tutela sociale della maternità e sulla interruzione volontaria della gravidanza vengono approvate solo nel maggio 1978. È la legge 194, con cui si legalizza l’aborto nelle strutture sanitarie pubbliche.


Manifesto unitario del Comitato nazionale per il referendum per la depenalizzazione dell’aborto, Roma 1975

1996 Contro la violenza sulle donne

È l’anno che vede l’entrata in vigore della legge 66. Con questo provvedimento, il parlamento afferma che la violenza sessuale è un crimine contro la persona, superando la normativa del Codice Rocco che considerava lo stupro come un vago reato contro la “moralità pubblica”. La legge 66 è una tappa fondamentale, oltre che simbolica, perché definisce la proprietà del corpo da parte delle donne e la loro codifica come persone e non come pertinenza sociale o familiare.


Manifestazione delle donne di Cgil, Cisl, Uil contro la violenza di genere, Torino 1991

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