Lidia Montagnana inizia a parlare ricordando una delle canzoni della sua gioventù, “la canzone della cioccolataia”, poi, nel corso dell’intervista, ricrderà altre canzoni in piemontese: “Alla filanda lavori fanciulla dal viso patito”, “Aiut aiut aiut a Turin ai manca tut”, “Canto delle sartine”, “La storia della Fumagalli amante dei preti”, “Il racconto dell’attentato ad Umberto I”, “Bela tota l’ha na buca ca an-namura”, “Figlio del popolo oppresso in catene”. L’intervista vera e propria inizia con Lidia Montagnana che racconta di aver vissuto i primi anni di vita a Torino, nel quartiere San Donato; poi, alla morte della nonna, nel 1911, tutta la famiglia si trasferì nella casa con l’orto, che mamma Consolina aveva acquistato in Borgo San Paolo e da quel momento lei, insieme al resto della famiglia, ha iniziato a frequentare il circolo socialista di via Barge. Lei era sarta: aveva iniziato a lavorare nella sartoria Sacerdote nel 1906 e vi era rimasta fino al 1911 partecipando allo sciopero delle sartine che lavoravano 10-12 ore al giorno, senza che fossero loro pagati gli straordinari e le ferie. In quello stesso 1911 aveva però dovuto lasciare l’impiego per assistere la nonna che si era ammalata. Ricorda che nel circolo di via Barge c’era anche un teatro dove aveva assistito a varie rappresentazioni di compagnie amatoriali che provenivano anche da altri circoli. Ricorda alcuni personaggi politici dell’epoca che facevano riferimento al Circolo (Vincenzo e Corinna Pagella; Battista Santhià; Ciccotti; Rabezzana); le manifestazioni contro la guerra e le rappresentanze dei rivoluzionari russi che nel 1917/18 parlarono dal balcone della Camera del Lavoro. Quando lei andava al circolo, serviva al bar e partecipava alle riunioni del direttivo senza mai parlare perché era molto timida. Parla poi del marito Olivio, nato nel 1890, a San Giorio, in Val di Susa. il cui aveva il padre che faceva lo scalpellino. Olivio si trasferì giovanissimo a Torino e lì di giorno lavorava con il padre e la sera frequentava la scuola. Conseguita la licenza tecnica, venne poi assunto alla Itala. Si conobbero al circolo dove lui era molto attivo specie nelle azioni dirette: “quando c’erano dimostrazioni, lui toglieva le pietre dal marciapiede”. Ricorda di aver conosciuto Gramsci e Terracini alla Camera del Lavoro. Gramsci “era molto affiatato con gli operai” mentre Togliatti venne al circolo ma non le piaceva perché “aveva gli occhi da clericale”. Il figlio Ugo è nato nel 1922: in quel periodo i poliziotti andavano spesso a casa Montagnana per cercare Mario: arrivavano di giorno e perquisivano sommariamente la casa. Nonna Cita discuteva di politica con i figli. Parla poi di sua nonna paterna, Marianna Colombo, morta a 65 anni nel 1911, del nonno, Davide Segre, un orefice di Cavour, che morì nel 1900 e di due zii paterni, segretamente battezzati da estranei. Ricorda che con la nonna facevano kippur e ogni tanto la nonna usava delle parole in ebraico; la mamma era normalmente religiosa e frequentava la sinagoga poi, un giorno, il rabbino Bolaffio parlò in favore della guerra (15/18) e lei smise di andare al tempio. Ricorda i fatti della chiesa di San Bernardino, in Borgo San Paolo, quando, nell’agosto del 1917, durante le manifestazioni di Torino contro la guerra e contro il caropane, la folla affamata aveva saccheggiato le scorte alimentari dei frati e dato fuoco alla Chiesa. Mario aveva preso parte ai moti e venne arrestato e mandato al forte di Exilles in un sotterraneo, dove soffrì il freddo e la fame. Racconta di aver conosciuto Togliatti, Terracini e un po’ Negarville e prima i socialisti Buozzi, Casalini e Cichin Barberis: quest’ultimo era un tipo molto simpatico e popolare; quanto i matti a Collegno si sono ribellati hanno voluto Cichin Barberis per rientrare. Ricorda un giornale stampato a Milano, ”La difesa della lavoratrice”, che prendevano in via Alfieri ed andavano a distribuire in città. L’intervista è interamente in piemontese, con un audio molto disturbato.