Fondazione Istituto piemontese Antonio Gramsci di Torino - Polo del '900
Lettera di Mario Montagnana a "Carissimi" [Giorgina e Enzo Arian], Les Milles 18 febbraio [1941]
Documento
Segnatura archivistica
6
Data
18 febbraio [1941]
Contenuto
Non ha più ricevuto nulla da loro dopo la lettera di novembre e il vaglia da Buenos Aires. Il 17 gennaio lui ha finalmente lasciato “l’inferno” (il campo di Vernet) per Les Milles, il campo di partenza dove si è “hébergés” e non “internés”; la differenza è sostanziale: sono “ospitati” tutti gli ex internati in possesso del visto per un paese dell’America o sovietici delle nuove province, ungheresi, jugoslavi in attesa di rimpatrio. Concedono permessi fino a 5 giorni grazie ai quali ha potuto recarsi al campo di Rieucros da Anna Maria dal 26 al 30 gennaio; ricorda quei giorni, dopo 16 mesi di lontananza, come una gioia immensa. Anche Anna Maria dovrebbe essere trasferita “a giorni” in un campo di partenza ma le lungaggini burocratiche rendono incerta la data. Pucci (Franco) sta benissimo e scrive loro parole di incoraggiamento, lavora 6 ore al giorno guadagnando 7 franchi all’ora, “ma cosa fa, poverino? Pulisce le tombe degli Invalidi!”. "La vita al Vernet può essere paragonata – catene in meno e corrispondenza in più – a quella della “Casa dei morti” di Dostoevskij. Baracche senz’acqua e senza luce (da due a 3 m³ d’aria per persona), giacigli immondi, assenza d’ogni norma igienica, vitto insufficiente e disgustoso, clima orribile, disciplina rigorosissima, di tipo militar, e brutale. Il confino italiano (parecchi internati l’avevano provato) è il paradiso, sotto ogni punto di vista, in confronto al Vernet. Vi sono degli internati che hanno perso 18 chili di carne in un anno. Quattro internati sono stati uccisi mentre tentavano di fuggire. Per più di un anno le percosse erano all’ordine del giorno… e della notte, soprattutto nella prigione. Nei primi mesi, bastava una sciocchezza (per es.: rifiuto di trasportare a mano, per circa un chilometro, le pesanti tinozze riempite di escrementi: tutti ci dovevamo passare una volta ogni 8-10 giorni) per essere puniti con 15 giorni di prigione, di cui 4 in una lurida celletta, a digiuno completo: 4 giorni, capite? (Rassicuratevi: io non sono mai stato né punito né maltrattato; al massimo, insultato: ma a questo non ci si faceva più caso…). Ricordando la frase di Gladstone io chiamavo il Vernet “negazione di Dio”. Unico, ma immenso conforto, all’interno del campo, gli amici: meravigliosi! E quasi tutti sono rimasti al Vernet, chissà per quanto tempo… A questa situazione aggiungete la guerra, la fulminea avanzata tedesca, l’intervento dell’Italia, l’internamento di Anna Maria, la mancanza di notizie di Franco, la rottura delle relazioni con la zona occupata, con l’Italia e con Elena; la mancanza di pacchi e di mezzi, la fame, il freddo – ed avrete una pallida idea della mia situazione durante parecchi mesi. Manoscritto su bifoglio; lingua: francese.